mercoledì, Marzo 6

A Ortona svolto il 13° incontro Fair Play con Eusebio Di Francesco

Ortona. Si è tenuto lo scorso pomeriggio, al Teatro Tosti di Ortona, il 13° incontro Fair Play. Si è trattato di un ritrovo tra capitani, tecnici, presidenti ed arbitri dei maggiori campionati dilettantistici, promosso dal Comitato Abruzzo per favorire il dialogo tra le parti.
C’erano i rappresentanti delle 54 società di Eccellenza e Promozione abruzzesi, da segnalare gli interventi del presidente del Comitato Regionale Abruzzo, Daniele Ortolano; del presidente Aia Abruzzo, Angelo Giancola e del vicepresidente della Corte d’Appello Territoriale del Comitato Regionale Abruzzo, Vincenzo De Benedictis. Ospite d’eccezione il tecnico del Sassuolo, abruzzese doc, Eusebio Di Francesco, coach che dopo le esperienze sulle panchine di Virtus Lanciano e Pescara, si è lanciato sul palcoscenico della serie A, che aveva già egregiamente calcato da calciatore.
“Un passo avanti anche oggi – ha esordito il presidente del Comitato Regionale Abruzzo, Daniele Ortolano – questo è il 13° incontro, un confronto che facciamo a metà della stagione. Cerchiamo di mettere insieme tutte le componenti che sono poi quelle che fanno la gara, la partita, i campionati: i calciatori, gli allenatori, gli arbitri e discutere. Sono democratico, il mio numero di telefono ce l’hanno tutti e liberamente esprimono le critiche, le società sanno che questo è un Comitato che fa della trasparenza e della legalità il suo punto di forza. Lo fa con tutti i suoi componenti tenendo a cuore le sorti del nostro calcio e soprattutto delle nostre società. L’Abruzzo c’è, l’Abruzzo cresce anche sotto questo punto di vista nonostante le difficoltà che le società incontrano nei confronti delle amministrazioni, degli Enti che non sono purtroppo più vicini al nostro calcio per tanti motivi e per coloro che cercano di offrire l’immagine di uno sport che vuole essere forza trainante dal punto di vista sociale”.
Eusebio Di Francesco è partito dalla classe arbitrale: “Dobbiamo essere comprensivi perché l’errore ci può stare da parte di tutti. Questa iniziativa è utile per l’integrazione. Questi sono dei passi in avanti che dobbiamo fare un po’ tutti. Io vivo in un mondo completamente diverso, c’è una classe arbitrale che è cambiata negli anni ed è diventata professionistica, come noi, sono pagati per fare questo lavoro, quindi ci sono tantissimi interessi che ci possono essere anche nelle piccole società. Si deve tornare sempre ai valori e alla famiglia, anche noi dobbiamo imparare ad essere una famiglia per poter crescere e migliorarci. Le società, i dirigenti e gli allenatori sono troppo importanti per educare il talento, il gruppo, quello che è un certo tipo di comportamento di rispetto nei confronti di tutti. C’è sempre del malcontento quando si parla di queste cose, però quando si continua a perseverare per migliorare gli atteggiamenti è un aspetto positivo. Sarebbe stato ancora meglio se fossero venuti tutti gli arbitri così come tutti i dirigenti perché per noi coinvolgere tutti è un aspetto importante. Tutti gli allenatori devono imparare a crescere i ragazzi, non basarsi sui risultati ma badando alla loro crescita, al loro lavoro. Bisogna avere la forza ed il coraggio di portare avanti determinate idee e determinati punti se ci crediamo veramente. Questo per me nasce dall’educazione non solo delle famiglie ma parte dalle scuole e dal settore giovanile. Se ai ragazzi gli creiamo sempre gli alibi o dell’arbitro o dell’allenatore o del dirigente che non è corretto e di tutto il resto, non cresciamo mai sotto tutti i punti di vista. Quindi io dico che dobbiamo crescere in tutti questi incontri. Io voglio trasmettere qualcosa di positivo e costruttivo. Con questi presupposti si può crescere, molti Paesi sono migliori perché culturalmente partono dalle famiglie e dalle scuole. Si stanno facendo molti passi in avanti, noi invece siamo fermi perché siamo i cultori degli alibi. Ci può stare l’errore anche nel potersi esprimere e parlare, chi sbaglia paghi, si deve fare in modo che ciò non si ripeta. Ritengo che questi incontri debbano avere una finalità e che non debbano rimanere fini a se stessi. Dell’episodio di mio figlio non ne voglio nemmeno parlare perché è un episodio di una strumentalizzazione unica sotto tutti i punti di vista. Tante parole fanno più male di tanti gesti, quindi dobbiamo essere bravi nel saperci esprimere, nel saper parlare. Noi allenatori nel nostro ruolo siamo dobbiamo saper usare la parola nel migliore dei modi. Invito i miei colleghi ad essere bravi a dare le direttive ai propri giocatori più che passare il tempo a protestare con gli arbitri”.